Month: January 2016

Il consolidamento del sistema creditizio nel Mezzogiorno

di Marco Valentini

Alcuni economisti hanno evidenziato come gli intermediari creditizi locali continuino ad avere un’importanza rilevante nonostante il forte processo d’internazionalizzazione finanziaria avvenuto negli ultimi decenni (processo che ha recentemente subito un rallentamento a causa della crisi finanziaria globale). Tale importanza tende a crescere nel caso in cui gli operatori economici di un determinato territorio non abbiano la possibilità di rivolgersi facilmente a intermediari finanziari radicati in altre aree geografiche o far ricorso ai mercati dei capitali nazionali o internazionali. In realtà, come quell’italiana, in cui la struttura economica è caratterizzata dalla piccola e media impresa, dove sono ancora pochissime le imprese quotate, le filiali locali delle banche sono spesso le uniche realtà cui gli imprenditori possono rivolgersi per le loro esigenze di finanziamento esterno. Inoltre, la teoria economica suggerisce che nei casi in cui l’informazione è molto localizzata e difficilmente trasferibile in termini spaziali, come nel caso delle informazioni economiche relative alle Piccole e Medie Imprese (PMI), le relazioni tra borrower e lender tendono ad avvenire preferibilmente a livello locale a causa degli elevati costi d’informazione.

I cambiamenti avvenuti nella struttura del sistema creditizio italiano negli ultimi venti anni hanno interessato in maniera marcata il Mezzogiorno. Il processo di consolidamento bancario iniziato nei primi anni novanta ha comportato, tra l’altro, una drastica riduzione di banche con sede amministrativa nel Sud e nelle Isole. A giugno 2015, 121 banche risultano avere la sede amministrativa nel Mezzogiorno, su un totale di 654 banche operanti in Italia. Se consideriamo solo le banche operanti sotto la forma societaria di Società per Azioni, escludendo perciò tutte le banche cooperative e popolari (di solito di minori dimensioni), addirittura solo 18 banche S.p.A. hanno sede nelle regioni meridionali. Perciò, il dato più rilevante sembra, non tanto la diminuzione delle piccole banche locali, ma la pressoché totale sparizione di gruppi bancari di grandi o medie dimensioni con sede e radicamento territoriale nel Mezzogiorno.

D’alta parte, la maggiore magnitudo della ristrutturazione bancaria nel Sud va ricercata soprattutto nella strutturale inefficienza dello stesso sistema finanziario locale e nel maggior impatto che la crisi economica dei primi anni novanta ebbe sull’economia meridionale. Tali fattori portarono il sistema creditizio meridionale sull’orlo della bancarotta (basti ricordare la crisi dei due principali istituti meridionali, il Banco di Sicilia e il Banco di Napoli). L’impennata dei crediti in sofferenza nelle regioni del Sud, registrata a metà degli anni novanta, rappresentò una chiara manifestazione di questa crisi (nel 1996 il rapporto sofferenze/impieghi raggiunse nel Mezzogiorno il picco del 23,5% contro il 7% del Centro-Nord).

Sebbene la ristrutturazione del sistema creditizio meridionale fosse probabilmente inevitabile, la diminuzione delle banche locali, e in generale del grado di concorrenza nel sistema creditizio meridionale, ha suscitato timori, sia tra gli economisti sia tra gli operatori economici, che l’economia meridionale sarebbe potuta essere ulteriormente penalizzata a causa della maggior presenza, rispetto alla media nazionale, di piccole e piccolissime imprese che, come sopra accennato, hanno meno facilità di ricorrere a strumenti di finanziamento alternativi al credito bancario. E’ stato sostenuto che l’allontanamento dei centri decisionali rispetto alle realtà locali potrebbe aver causato, attraverso un aumento delle asimmetrie informative tra creditore e debitore, fenomeni di razionamento del credito anche verso le piccole e medie imprese locali sane. Dall’altro lato, è stato sottolineato che l’acquisizione di banche locali da parte di intermediari “esterni”, più efficienti, potrebbe aver portato ad un miglioramento dei processi di selezione del credito (magari anche meno vincolati da eventuali pressioni locali, fattore non trascurabile in un territorio dove è forte la presenza di organizzazioni malavitose e dove sono forti le clientele politiche). Tra l’altro, anche la recente crisi di quattro banche locali, residenti in floride zone dell’Italia centrale, ha messo in evidenza che non sempre la dimensione locale e il radicamento territoriale sono sinonimo di efficienza nella gestione delle attività bancarie.

Dal 2008, a causa della crisi finanziaria, si sono fermate le operazioni di aggregazione bancaria tramite fusioni o acquisizioni, mentre è proseguita in tutte le regioni la razionalizzazione della rete distributiva delle banche, indotta sia dalla necessità di una riorganizzazione della struttura interna delle banche, che risentiva anche dei numerosi processi di fusioni e acquisizioni avvenuti prima della crisi, sia dall’innovazione nel settore ICT che ha permesso la creazione e lo sviluppo di nuovi canali distributivi nell’offerta di prodotti e servizi bancari (es. internet e mobil banking).

I recenti rapporti sulle Economie Regionali della Banca d’Italia indicano che il calo degli sportelli ha interessato tutte le aree territoriali, ma è stato più marcato nel Mezzogiorno (nel 2014, il numero di sportelli per centomila abitanti  era pari a 31,1 nel Meridione e 60,8 nel Centro-Nord). Per quanto riguarda il credito alle imprese, gli analisti della Banca d’Italia sostengono che comunque, nonostante la riduzione del numero di sportelli, il grado di prossimità tra dipendenze bancarie e imprese non sarebbe diminuito.

Riguardo gli aspetti quantitativi del finanziamento dell’economia meridionale, negli anni prima dell’inizio della crisi finanziaria, la dinamica degli impieghi, in generale, è risultata inferiore nelle regioni meridionali ed in particolare verso le PMI mentre, a partire dal 2008, seppure nel generale quadro di forte contrazione degli impieghi, non si è registrato nel Mezzogiorno un andamento particolarmente negativo rispetto alle altre aree. La forte contrazione del credito erogato in Italia durante gli anni di crisi, ovviamente, non è imputabile solo a eventuali vincoli dal lato dell’offerta (es. problemi di liquidità o maggiore selettività nella concessione di credito a causa dell’aumento della rischiosità generale del sistema economico) ma ha risentito anche della forte contrazione della domanda di credito, soprattutto di quella destinata a finanziare gli investimenti industriali. I dati di Banca d’Italia indicano che tra il 2007 e il 2014 gli investimenti hanno registrato in Italia un calo complessivo pari al 30%, con una diminuzione nel Mezzogiorno superiore a quella delle altre aree. Dalla seconda metà del 2014, sembra esserci una ripresa degli investimenti e, dal lato dell’offerta creditizia, un allentamento delle condizioni di accesso al credito, anche da parte delle banche del Mezzogiorno.

Riteniamo che l’evidenza empirica e i vari studi pubblicati sull’argomento non ci permettano di stabilire, in maniera univoca, se l’impatto del consolidamento del settore creditizio sia stato complessivamente positivo o negativo per lo sviluppo dell’economia meridionale. Dai dati sul processo di ristrutturazione del sistema creditizio, quello che però, a nostro avviso, risulta particolarmente rilevante non è tanto la diminuzione delle piccole banche locali ma la pressoché totale sparizione di gruppi bancari di grandi o medie dimensioni con sede e radicamento territoriale nel Mezzogiorno (e, con l’eccezione del Monte Paschi di Siena, anche nell’Italia centrale). Il timore è che l’assenza di banche locali di medie/grandi dimensioni in un determinato territorio possa avere un impatto sullo sviluppo economico locale.  Una banca locale di riferimento di grandi dimensioni può essere molto importante, non solo per il finanziamento alle imprese ma anche per finanziare progetti e iniziative di rilevanza pubblica per le comunità locali (es. project financing di infrastrutture). D’altra parte, il sistema finanziario di un determinato paese o regione rispecchia il grado di sviluppo economico complessivo di quell’area. La perdita dei centri decisionali finanziari nel Mezzogiorno rispecchia, a nostro avviso, un arretramento competitivo del Sud non solo rispetto alle regioni del Nord ma, considerando la dimensione europea, anche verso quelli che possiamo ritenere i veri competitor del nostro Mezzogiorno, ossia le regioni/nazioni dell’Europa centro-orientale che negli ultimi anni, nonostante la forte crisi dovuta alla transizione da economie pianificate a economie capitalistiche, sembrano avere in alcuni casi già sorpassato, in termini di sviluppo economico, il nostro Meridione. Tra l’altro, questi paesi saranno quelli che beneficeranno nei prossimi anni in maniera maggiore dei fondi europei per le politiche di coesione, il che vuol dire che si saranno sempre meno soldi per le politiche di sviluppo regionali nel Mezzogiorno (cfr. Daniele e Petraglia, 2015). Se appare improbabile un rilancio di una qualche forma d’intervento straordinario nel Sud da parte del Governo nazionale, vista l’attuale condizione debitoria del nostro paese e i vincoli di bilancio europei, riteniamo che si dovrebbe almeno tentare di implementare quelle riforme, meno onerose da un punto di vista finanziario ma pur sempre importanti, tese a rendere più efficiente la pubblica amministrazione e il settore giudiziario locali e utilizzare efficacemente i pochi fondi disponibili per sviluppare le infrastrutture essenziali.

    Riferimenti:

  • Banca d’Italia (2015), “Economie regionali: La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale”, n.44, Dicembre.
  • Banca d’Italia (2015), “Economie regionali: Dinamiche recenti e aspetti strutturali”, n.43, Dicembre.
  • Banca d’Italia (2015), “Bollettino statistico – III 2015”.
  • Daniele V., Petraglia C. (2015) “Ripensare le politiche per il Mezzogiorno”, Economia e Politica, rivista on-line http://www.economiaepolitica.it.
  • Goglio S. (2007) “Local Credit and Territorial Development: General Aspects and the Italian Experience”, Università degli Studi di Trento, Dip. Economia, Discussion Paper n. 27.
  • Guiso L., Sapienza P., Zingales L. (2004) “Does Local Financial Development Matter?”, The Quarterly Journal of Economics, vol. 119, issue 3.
  • Valentini Marco (2006), “Ristrutturazione del Sistema creditizio, Piccole e Medie Imprese e Crescita economica nel Mezzogiorno”, Università degli Studi Roma Tre, Dip. Economia, Working Paper n. 65.

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Una versione ridotta dell’articolo è stata pubblicata sulla Rivista Incontri:

http://www.fiba.it/nazionale/documenti/incontri-idee-fatti-n-37